Tempo di lettura: 3 minuti

Tutto ebbe inizio al termine della festa dei Gigli di Nola del 1976, e di preciso tra i tavoli del Circolo “Giordano Bruno”. A quei tempi la Festa terminava a mezzanotte.

Tra una fetta di torta ed un bicchiere di Fernet si scopri che il Sarto non aveva trovato pretendenti. Era il gruppo del P.C.I., i comunisti. A comunicarglielo fu il prof. Dubbioso, assessore al Cumune di Nola.

I documenti erano stati presentati ed il Giglio del Sarto per la festa del 1977 era stato assegnato a loro. Possiamo definirlo uno dei primi comitati a forma di collettivo e per non dare una chiara connotazione politica alla festa, il gruppo prese il nome dell’Arci, nota associazione di sinistra.

Tutto ciò non servi ad evitare la nomea de “‘o giglio de’ comunisti”. In una festa di tradizione cattolica e in un paese schiacciatamente democristiano, qualcuno storceva il naso. Il progetto creativo prese forma e tra gli addetti ai lavori gli artisti Vittorio Avella e Guido Ambrosino, quest’ultimo, artista sopraffino, firmò il progetto del rivestimento.

Le forme artistiche dell’obelisco erano delle vele in tela a forma di rombi, realizzato magistralmente dalla bottega d’arte Tudisco che volle rischiare con un progetto insolito.

L’utilizzo del materiale in tela, fece clamore, tra le critiche dei tradizionalisti che non riuscivano a sopportare un giglio privo di carta pesta e gli apprezzamenti di quelli dell’avanguardia.

La scelta della paranza, invece, fu il momento più delicato. Inizialmente il comitato, senza ombra di dubbi, non esitò a contattare Erasmo Leone, noto anche per la sua connotazione politica a sinistra e per una sicurezza nel trasporto, essendo una delle paranze blasonate dell’epoca.

Purtroppo però, il noto paranzaro, aveva già preso impegni con un altra corporazione. Fu così che il comitato si affidò a Mariano, anche lui comunista e noto gigliante, il quale aveva un chiosco in piazza Duomo, adibito a negozio di cravatte.

Mariano aveva molti amici nel panorama giglistico, tra cui anche qualche barrese (rosso). Ma la particolarità di quel giglio non fu la prestazione giglistica, non delle migliori a dire il vero ma la scelta musicale: la fanfara di Modestino Di Chiara noto per le sua straordinaria bravura.

I testi, invece, su proposta di Vittorio Avella furono affidati al maestro Roberto De Sinone. Famosa fu la canzone “Giuvanniello” che poco si adattava al giglio e alla musicalità nolana ma che rimane tutt’ora tra le più belle della tradizione musicale campana.

L’entusiasmo di quel comitato coinvolse molti giovani, che accorsero incuriositi a vedere la festa millenaria, era ciò che rimaneva dei “figli dei fiori” che presero d’assalto la Villa di Nola, tra qualche tenda e qualche sacco a pelo, dormivano insieme, maschi e femmine.

Un altro squarcio impulsivo nella tradizione cattolica nolana. Molti artisti presero parte alla kermesse del Sarto 77 tra cui il fotografo Peppe Iodice, che tra l’altro è stato il mio professore all’Accademia Belle Arti di Napoli, lo scultore Peppe Capasso, da poco scomparso, il sociologo Mimmo De Masi e soprattutto la Nuova Compagnia di Canto Popolare che la mattina della ballata salì sul giglio ed improvvisò un concerto.

Gli entusiasmi della straordinaria giornata festosa furono interrotti in tarda serata da una improvvisa e rapida pioggia estiva che appesantí le tele del rivestimento.

Forse, se non era per Erasmo Leone, che accorse in aiuto con un cospicuo numero di valide spalle nolane, quel giglio non avrebbe terminato il percorso. Ciò non impedì il divertimento, l’entusiasmo e quel giglio ci ricorda ancora oggi che la Festa è innanzitutto passione.

Ringraziamo l’amico Luigi Nappi per questo articolo e per farci rivivere ogni volta momenti storici della festa.

Related Post

Rispondi

error: Content is protected !!